#CLASS4COVID19 - Mancato pagamento del credito e pandemia

Inadempimento di un’obbligazione di pagamento al tempo del CoVID-19

Di questi tempi vanno moltiplicandosi i Clienti che ci raccontano di ordini già evasi, servizi già erogati e materiali già consegnati dai fornitori che però non vengono pagati.

Basta scorrere, infatti, le mail che le società debitrici inviano ai propri fornitori per rendersi conto come il coronavirus venga additato come unica ed esclusiva causa dell’inadempimento e/o del ritardo. Magari, e spesso, senza nessun’altra spiegazione in particolare: «Siamo spiacenti di informarLa che, causa CoVID-19…», «Vista l’emergenza sanitaria scatenata dal coronavirus…», o, ancora, «Gentile fornitore, alla luce degli eventi di questo momento inerenti alla crisi dovuta al blocco delle attività in tutta la Nazione come da decreti ministeriali, siamo costretti a congelare tutti i pagamenti…» e così via.

Alla luce del fenomeno, è quindi opportuno interrogarsi, se sia corretto e sufficiente da parte del debitore di una somma di denaro appellarsi al CoVID-19.

 

Cosa dicono le norme generali…

Per rispondere, procediamo con ordine e vediamo cosa prevede il nostro ordinamento in via generale:

- Responsabilità “contrattuale” ex art. 1218 c.c.: la regola è che il debitore deve sempre rispondere delle conseguenze del proprio inadempimento, salvo che esso sia stato determinato da un’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

- Impossibilità che, a norma dell’art. 1256 c.c., estingue l’obbligazione solo se e soltanto se è sopravvenuta, totale e definitiva. Se l’impossibilità è infatti solo temporanea, il debitore non è responsabile solo del ritardo nell’adempimento finché perdura l’impossibilità.

Quando allora l’inadempimento di un’obbligazione di pagamento di una somma di denaro diviene impossibile per causa non imputabile?

A ben vedere, il mio debitore non va esente da responsabilità per il solo fatto che: il suo principale debitore è a sua volta inadempiente od anche perché l’istituto bancario in cui detiene i propri conti “fallisce” (casi c.d. di impotenza finanziaria) e ciò perché a rigore il denaro è sempre soggetto ad essere consegnato.

Il pagamento di una somma di danaro non può quindi mai risultare obiettivamente impossibile (con l’eccezione dell’ipotesi estrema di totale sparizione della moneta) e, dunque, mai può prospettarsi la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione, ex art. 1463 c.c. (Cass. civ., sez. II, 15 novembre 2013, n. 25777).

- Vi è allora da considerare se possa trovare applicazione l’istituto della forza maggiore, che è generalmente intesa come quell’evento imprevedibile e inevitabile al quale non è possibile resistere. L’art. 1467 c.c. in tema di contratti con prestazioni corrispettive, ne indica poi alcune caratteristiche affermando che nei contratti ad esecuzione continuata o periodica od a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’art. 1458 c.c..

La parte contro la quale è domandata la risoluzione può comunque evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.

 

L’obbligazione scaduta prima del periodo emergenza.

In ogni caso, bisogna evidenziare e ricordarsi che, per effetto della mora ex art. 1221 c.c., se il debitore risultava già inadempiente prima dell’intervenuta pandemia – a parere di chi scrive l’emergenza può farsi coincidere con l’entrata in vigore del primo provvedimento emergenziale D.L. 23 febbraio 2020, n. 6 avvenuta in data 23/02/2020 – lo stesso è tenuto a pagare il proprio debito senza poter addure alcuna giustificazione e dunque corrispondendo anche gli interessi moratori dalla scadenza al saldo ex art. 1224 c.c.

 

I provvedimenti del governo Conte

Il governo Conte, cercando di arginare le conseguenze che la quarantena e il distanziamento sociale, da esso stesso imposto, stanno avendo anche sulla vita economica del Paese, ha poi emanato diversi decreti-legge, tra cui il n. 18 del 17 marzo 2020, il cui art. 91 (rubricato come “Disposizioni in materia ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall'attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici”) prevede che: «Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.».

Il decreto-legge, in altre parole, esime dalle responsabilità di inadempimento il debitore solo nel caso in cui le misure di contenimento siano state di evidente (e verificabile) impedimento al versamento della somma prestabilita.

Il provvedimento governativo necessità quindi di distinguere tra:

a) inadempimento causato dall’impossibilità di adempiere la prestazione perché vietata da misure di contenimento, si pensi all’impossibilità di produrre una determinata merce nei tempi pattuiti causato dalla chiusura dell’impianto produttivo;

b) inadempimento causato di riflesso dal rispetto di tutti gli operatori del mercato delle misure di contenimento, si pensi all’impresa che si trovi in una difficoltà economiche per una serie di concause derivanti dall’emergenza sanitaria (blocco della filiera e delle consegne per la situazione precaria dei trasporti, crisi dei sub-appaltatori, aumento dei prezzi di trasporto, ecc.)

Se nel primo caso, non sorgono dubbi sull’esimente, trovando però difficile l’applicazione nel nostro caso, nella seconda si torna all’ipotesi di impotenza finanziaria che, come detto, non esime di per sé il debitore.

In pratica, allora, il debitore dovrà comunque provare che l’inadempimento derivi da una causa diretta di forza maggiore totalmente indipendente dalla propria volontà nonché del tutto inarginabile o irrisolvibile: ne deriva perciò che una siffatta interpretazione non sia che una specificazione dei principi cardine del nostro ordinamento sopra accennati.

Di fatto, i decreti-legge del governo Conte non hanno apportato nessuna novità di rilievo nella casistica dell’inadempimento al pagamento di una somma di denaro. L’evidenziare il fatto che le norme disposte dall’esecutivo in merito al contenimento del contagio siano indipendenti dalla volontà di un debitore X, infatti, è in realtà un semplice ribadire la validità del principio base che regola la questione, declinandolo specificamente alle attuali circostanze per una maggiore chiarezza; niente di meno, niente di più.

Se il governo avesse voluto intervenire sulle obbligazioni di pagamento di una somma di denaro nei rapporti commerciali avrebbe necessariamente dovuto predisporre una deroga alle norme generali, così come infatti è avvenuto, anche se indirettamente, per determinati tipi di contratti (si pensi al canone di locazione commerciale per il quale l'art. 65 D.L. 17 marzo 2020, n. 18 prevede in favore dei conduttori di botteghe e negozi un credito d'imposta pari al 60% del canone del mese di marzo. Disposizione questa che incide solo indirettamente sul contratto di locazione senza però modificare la prestazione del conduttore, consentendogli di recuperare (non nell'immediato) parte del corrispettivo dovuto al locatore).

 

Conclusioni

Da tutto ciò derivano due deduzioni fondamentali:

- Citare di per sé, genericamente quindi, il coronavirus come causa di un inadempimento di un obbligo pecuniario non è un’argomentazione valida;

- Vista la situazione che tutti stiamo affrontando, ogni caso risulta differente e come tale andrà sempre sottoposto, facendo leva sui principi di buona fede e correttezza contrattuale, ad uno specifico vaglio che possa condurre in primo luogo ad efficace rinegoziazione dell’obbligazione. In subordine, in assenza di riscontro e/o in mancanza di collaborazione attiva da parte del debitore, si potrà poi procedere con le azioni a tutela del proprio diritto di credito.

In definitiva quindi, al fine di preservare il proprio impianto produttivo e salvaguardare l’adempimento delle proprie obbligazioni nei confronti dell’intero mercato, è auspicabile concordare un nuovo assetto delle condizioni contrattuali onde riuscire, in questo clima confuso e sconfortante, a porre un primo e nuovo tassello di certezza nell’adempimento.

Avv. Gianluca Maleci

#class4banking - NULLITA’ DELLA FIDEIUSSIONE PER CONTRARIETA’ ALLA DISCIPLINA ANTITRUST - La Corte d’Appello di Milano limita il perimetro dell’eccezione di nullità al modello ABI del 2002

IL CASO: Nel corso del giudizio di primo grado la garante di una società viene condannata al pagamento di quanto dovuto dalla debitrice principale e subisce la revoca del fondo patrimoniale costituito con il coniuge.

La Garante interpone appello e, tra le altre, solleva anche un’eccezione di nullità della fideiussione sottoscritta per contrarietà alla disciplina antitrust secondo quanto già indicato nel parere dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nel 2002. In particolare la Garante ha sostenuto la violazione di dette norme pur in presenza di clausole diverse da quelle specificamente censurate dall’Autorità in ragione della loro standardizzazione e suscettibilità di incidere negativamente nella sfera giuridica del fideiussore garante.

LA DIFESA: La difesa della Banca appellata è stata condotta sottolineando come il modello di fideiussione usato fosse successivo (e diverso nelle clausole contrattuali) rispetto a quello oggetto della censura dell’Antitrust e conforme alle disposizioni imposte da Banca d’Italia contenute nel provvedimento 55/2005 sottolineando il sostanziale allontanamento delle clausole emendate a seguito del provvedimento della BdI rispetto a quelle censurate nel 2002.

IL PROVVEDIMENTO: la Corte d’Appello di Milano, pur riservandosi una valutazione approfondita dell’eccezione in sede di decisione, ha comunque accolto, in sede di decisione sulla richiesta di sospensiva dell’esecutività della sentenza di primo grado, le nostre argomentazioni precisando che la valutazione della nullità dovrà, in sede decisionale, basarsi sul contenuto effettivo delle clausole e sulla loro idoneità specifica a costituire una pratica uniforme illecita e lesiva dei diritti del fideiussore

 Scarica qui il provvedimento anonimizzato

CLASS4BANKING - Unlikely To Pay: la nuova frontiera di gestione delle esposizioni deteriorate: qualche ipotesi sulla gestione legale

Da diversi mesi si è affacciata sul mercato delle cartolarizzazioni (e più in generale della gestione delle sofferenze) una categoria specifica di NPL che comprende tutti i crediti per i quali, secondo la prudente valutazione dell’istituto erogante, è improbabile un esito regolare del finanziamento.

A detta di molti tale nuova classificazione di esposizioni deteriorate sarà suscettibile di interessare in modo importante il mercato degli NPL.

A differenza delle sofferenze, che normalmente vedono l’impiego di risorsee legali da un punto di vista meramente processuale e finalizzato alla gestione dell’espropriazione forzata gli UTP coinvolgeranno necessariamente un altro segmento di conoscenze giuridiche più squisitamente consulenziali con lo scopo di produrre gli accordi di ristrutturazione del debito più efficaci e garantisti.

 

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